: ivan raimondi

2025

intervista di about:


Indagini su chi partecipa alle call

Ti va di raccontarci brevemente chi sei e di cosa ti occupi?

Mi chiamo Ivan, sono nato e cresciuto a Casale Cremasco-Vidolasco dove ho passato gran parte della mia vita. Sono laureato in Design a Milano e collaboro con lo studio Sovrappensiero in cui mi occupo di progettazione ed ingegnerizzazione di prodotto oltre che lavorare al progetto ABOUT

→ A Ritmo di Ivan Raimondi
→ TAO di Ivan Raimondi
Come hai conosciuto ABOUT?

Conoscevo lo studio Sovrappensiero dall’università e al momento del lancio della prima call una mia amica mi ha inviato il bando, decisi così di partecipare per puro divertimento e sfida personale senza sapere bene cosa sarebbe diventato ABOUT. Di call in call ho imparato a conoscere meglio il progetto fino a prenderlo a cuore.

ABOUT ti ha visto nascere come partecipante e poi diventare collaboratore: come è cambiata la tua percezione del progetto dall’interno? Cos’era per te prima e cosa rappresenta oggi?

Piuttosto che un cambio di percezione direi che la mia esperienza sia stata un’iperbole: di call in call ABOUT ha avuto una crescita notevole nel giro di poco più di un anno e questa crescita l’ho vissuta allo stesso modo sia da partecipante che anche da collaboratore. Per me ABOUT rappresentava un’opportunità di sperimentare attraverso il progetto, ora rappresenta una vera e propria realtà che è in grado di generare relazioni, un progetto vivo che respira grazie a chi vi prende parte e nel quale credo molto.

→ opencall schiaccianoci foto di Ivan Raimondi
Credi che il progetto sia rimasto fedele a sé stesso?

Credo sia diventato molto di più, ha sicuramente superato le aspettative di tutti e sono curioso di quali forme prenderà in futuro. Nonostante ciò credo che l’obiettivo che si sia prefissato di promuovere la cultura del progetto sia ancora centrale ed è ciò che conta di più.

Io ho apprezzato sia le tematiche più astratte e libere che l’ultima incentrata su un oggetto funzionale, nel Design è presente da tempo questo equilibrio tra funzionalismo e sperimentazione fine a se stessa e credo che questo cambio di rotta sarà propedeutico per avere una qualità sempre più alta di progetti. Con un tema più mirato è più immediato osservare e comparare i progetti e gli approcci, soprattutto con designer più esperti, rispetto a temi più aperti e interpretativi. Questo aspetto rappresenta una vera e propria scuola dalla quale bisogna apprendere il più possibile.

Le prime edizioni si incentravano su temi astratti e poco precisi, mentre l’ultima call è stata una richiesta più funzionale: cosa pensi di questo cambio di rotta?

→ opencall schiaccianoci foto di Ivan Raimondi

Direi Setole perché inizialmente è stato un tema che ho trovato complesso e troppo vasto, per cui inizialmente non volevo partecipare, ma proprio per questo motivo mi sono poi spronato a lavorare a più di un progetto fino a presentarne due.

Tra i vari temi proposti, ce n’è stato uno che ti ha stimolato in modo particolare? Se sì, perché?
→ Loafer, Instant Gourmet, Bamboo desktop brush
Tra i progetti realizzati nelle varie edizioni, ce n’è uno (o più di uno) che ti è rimasto impresso in modo speciale? Perché?

Ce ne sarebbero diversi ma ne indico tre che a mio parere rappresentano degli approcci che vorrei vedere in ogni call:

Bamboo desktop brush di Marco Ciacci per Setole come progetto di ricerca e sperimentazione in questo caso sul materiale,

Loafer di Sovrappensiero Design Studio per Schiaccianoci, invece che partire da uno dei tre archetipi dell’oggetto ovvero leva, cuneo e vite, prova a proporre una nuova gestualità per aprire la noce, trovandone anche una divertente

Instant Gourmet di Studio Sostanza per Griglie che oltre ad essere un progetto legato al cibo, ambito che mi interessa molto, è un prototipo che si avvicina molto ad una produzione e un inserimento nel mercato.

Fra i progetti che hai realizzato per ABOUT, ce n’è uno che, a distanza di tempo, vorresti modificare o riprogettare del tutto?

Il progetto di Griglie Gestalt3 fra quelli presentati è sicuramente quello che rivedrei perché, nonostante il concetto di partenza mi convincesse, il risultato lo percepisco ancora grezzo e incompleto. Mi piacerebbe anche rimettere mano al terzo progetto di Setole che per mancanza di tempo e materiale non sono riuscito a presentare alla mostra.

Non credo di avere ancora ben chiara quale sia la mia filosofia progettuale ma ho sempre utilizzato ABOUT come uno strumento per sperimentare vari approcci e linguaggi, tra questi ho trovato delle analogie che credo accomunino gli oggetti che disegno. C’è sicuramente uno studio storico-antropologico, e una contrapposizione tra funzionalismo ed esoterismo: Carta Abrasiva e Schiaccianoci sono esemplificativi: nel primo mi ero dato come obiettivo quello di dare un ritmo alla carta abrasiva, materiale molto tecnico, e di farla suonare come uno strumento musicale; mentre in Schiaccianoci ho cercato di disegnare un oggetto che combinasse il funzionalismo del nut splitter con la componente esoterica dell’athame, una sorta di amuleto quotidiano che non assolva soltanto ad un compito ma che racchiuda anche dei significati.

Quale dei lavori che hai realizzato pensi rappresenti meglio la tua filosofia progettuale?

ABOUT è un progetto dinamico che cresce anche grazie al contributo di chi lo segue e lo sostiene. Secondo te, cosa potrebbe essere migliorato o sviluppato ulteriormente?

La lacuna che in questo momento vedo in ABOUT è il fatto che ogni call rimanga un po’ fine a se stessa una volta conclusa con la mostra, ci sono tanti progetti che meritano di essere ulteriormente sviluppati e questa autoconclusività unita ad un ritmo piuttosto serrato può essere limitante per i lavori che le call stesse producono. Sicuramente col tempo e la crescente attenzione al progetto questo difetto che vedo si andrà a mitigare, ho notato che alcuni partecipanti continuano a lavorare alle loro proposte anche una volta conclusa la call e mi fa piacere. Un’idea che mi intriga molto, nonostante la complessità, sarebbe un’edizione in cui il tema sia quello di scegliere un progetto delle prime 5 edizioni e rielaborarlo o riprogettarlo, darebbe spazio a dialogo e confronto fra nuovi ed ex partecipanti, magari ponendo anche il limite di non poter mettere mano ai propri progetti ma solo a quelli altrui. 

Quali aspetti positivi o insegnamenti hai portato a casa da questa esperienza?

I principali aspetti positivi che ho riscontrato nel progetto ABOUT, nonché i suoi punti di forza, sono principalmente due: l’interesse per chi di progetto si occupa direttamente che si traduce nel potersi confrontare non solo con colleghi e studenti ma anche con professionisti di spessore, vedere infatti come un unico tema venga declinato da ognuno è un confronto che di call in call può insegnare tantissimo; il secondo punto di forza è poi la capacità di ABOUT di suscitare interesse a chi di progetto non si occupa direttamente o, addirittura, ne è estraneo, avvicinando ad un settore più di nicchia rispetto ad altre, come il cinema o l’arte, ma che fa parte della quotidianità di tutti.

Mi auguro che ABOUT faccia da apripista a nuove iniziative che promuovano la cultura del progetto e il confronto in modo democratico. Per quanto riguarda il futuro, vorrei che questo continui a crescere come sta facendo, valorizzando le nuove generazioni, spaziando anche su temi più sensibili e coinvolgendo sempre più realtà, declinandosi in forme che ne traducano al meglio le intenzioni e i valori.

Come immagini il futuro di ABOUT? Cosa ti auguri per il progetto nei prossimi anni?

Seguendo il nuovo ciclo oggetti-azione inaugurato con Schiaccianoci, mi piacerebbe proporre About: Spaventapasseri. È un oggetto che può generare discussione dal punto di vista etico ma anche carico di significato, legato al suo archetipo spesso personificato in storie come Il mago di Oz o Il castello errante di Howl. Penso oggi ai CD appesi ai balconi o ad altre soluzioni ready-made, penso agli spuntoni di ferro: sarebbe interessante estendere il tema anche ad altri animali. Mi vengono in mente, ad esempio, le classiche bottiglie d’acqua poste agli ingressi per tenere lontani i gatti. Trovo che questi contesti, in cui spesso si adottano soluzioni casalinghe, siano particolarmente adatti a essere esplorati non solo da un punto di vista estetico e stilistico, ma anche funzionale e concettuale. Mi piacerebbe vedere come i partecipanti, attraverso il design, affrontino un tema delicato come il rapporto uomo animale nel contesto urbano, articolandolo attraverso un linguaggio più simbiotico piuttosto che antropocentrico.

Se invece avessi completa libertà di scelta, vorrei esplorare la chiave. È un oggetto che mi ha sempre affascinato, ma che tratterei come entità slegata dalla sua controparte complementare, ovvero la serratura. Antico e misterioso, con un’azione specifica, proteggere il prezioso e nascondere il segreto, lo trovo particolarmente stimolante nel momento in cui viene privato della sua unica funzione. In questo modo si apre la possibilità di lavorare sia sull’ornamento sia sull’individuazione di nuovi linguaggi e nuove letture.

Se toccasse a te scegliere il prossimo tema dell’open call di ABOUT, quale proporresti? C’è un argomento che ti piacerebbe esplorare?

→ Oggetti individualisti per una società individualista di Ivan Raimondi
→ Gestalt3 di Ivan Raimondi
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Intervista: Chiara Selmi

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Francesca Castanò: Schiaccianoci