: chiara selmi

2025

intervista di about:


Indagini su chi partecipa alle call

Mi chiamo Chiara e mi occupo di design del prodotto. Sono milanese, ho studiato al Politecnico di Milano e alla Oslo School of Architecture and Design. Dal 2019 porto avanti i miei progetti personali e collaboro con Matteo Ragni su temi che spaziano dal design di prodotto agli allestimenti, fino alla direzione creativa.

Ti va di raccontarci brevemente chi sei e di cosa ti occupi?
→ It’s a Match di Chiara Selmi
→ Lille di Chiara Selmi

Ho conosciuto ABOUT: sui social e attraverso il passaparola tra amici designer. Mi ha subito colpito il suo approccio innovativo, capace di dare spazio al pensiero progettuale più che al prodotto finito. Mi piace l’idea di poter sperimentare in libertà, al di là dei vincoli che, inevitabilmente, esistono quando si lavora con un committente

Come hai conosciuto ABOUT?
Cosa ti ha spinto a partecipare alla prima call? E cosa ti ha motivato a prendere parte anche alle edizioni successive? 

La prima volta ho partecipato perché sentivo il bisogno di un progetto aperto che mettesse in discussione il mio modo di dare forma agli oggetti e mi aiutasse a guardarli da una prospettiva diversa. Dopo quell’esperienza ho scelto di tornare perché ho capito che ABOUT non cerca oggetti perfetti, ma valorizza i percorsi, le varianti e le riflessioni. È raro trovare un contesto così libero, dove il dialogo non riguarda solo ciò che fai, ma anche il modo in cui lavorano gli altri designer.

→ Free carta abrasiva di Giuseppe Valentino
Le prime edizioni si incentravano su un "componente", mentre l’ultima call è stata una richiesta più funzionale/estetica: cosa pensi di questo cambio di rotta? 

Lo trovo un passaggio naturale. Partire da un elemento minimo è un invito a decomporre e a riflettere su ciò che di solito resta implicito nel prodotto finale. Poi, passare a una richiesta più funzionale o estetica significa riportare quella riflessione nel quotidiano, nel modo in cui si usa l’oggetto e nelle relazioni tra forma, gesto e funzione. Questo ampliamento è positivo, perché permette di interrogarci non solo sul “che cosa”, ma anche sul “come” e sul “perché”.

Mi piace molto. Lo scotch è un piccolo simbolo del “fare”: chiude, rattoppa e tiene insieme. Pensare a “Taglia Scotch” significa soffermarsi sul gesto di interrompere per poi riassemblare. Aiuta a vedere l’atto progettuale come un’azione concreta, e non solo come un’idea astratta.

E a questo punto cosa ne pensi della nuova call ABOUT: Taglia Scotch? 
→ Focus di Aurora Possenti
Tra i vari temi proposti, ce n’è stato uno che ti ha stimolato in modo particolare? Se sì, perché? 

Sì, il tema delle griglie mi ha portato a un progetto in cui vorrei approfondire ulteriormente la fase di prototipazione. Mi piacerebbe sviluppare altre varianti di griglie adattabili a un volume sferico. È proprio la possibilità di sperimentare strade formali diverse e osservare dove ogni scelta conduce che rende il tema così stimolante.

→ Ostico di Chiara Selmi
Fra i vari progetti che hai realizzato per ABOUT ce n’è uno, o più di uno, che a distanza di tempo vorresti modificare o riprogettare del tutto? Se sì, ce lo racconteresti 

Tra i progetti passati per ABOUT c’è “Ostico”, un pennello impossibile da impugnare. Nato come strumento per concettualismi improvvisati o semplicemente per i pigri, mi rendo conto che ci sarebbero margini per ripensarlo. Vorrei approfondire ancora di più il tema degli oggetti impossibili, capaci di sfidare le abitudini e creare usi inattesi.

Quale dei lavori che hai realizzato per ABOUT pensi rappresenti meglio la tua filosofia progettuale? 

“It’s a Match” è il progetto che più di tutti rappresenta il modo in cui mi piace progettare. Partendo da un titolo volutamente ironico, mi interessava esplorare lo spostamento tra significato e significante: una parola che nel mondo digitale parla di connessioni umane, qui ritorna alla sua materia, all’atto di accendere e di creare luce. Ho voluto enfatizzare il valore della sottrazione e della semplicità costruttiva, per mostrare il rigore del gesto.

C’è qualche progetto di altri partecipanti che ti ha colpito in modo particolare? Cosa ti ha fatto apprezzare quel lavoro? 

Ho apprezzato “Free Carta Abrasiva” di Giuseppe Valentino, che utilizza il materiale come simbolo di memoria e ci ricorda che non possiamo ignorare il valore della dignità umana. Mi ha colpito anche “Secondino” di Luca Ghezzi, Martina Locatelli e Francesco Pievatolo, un orologio in cui le ore si rivelano solo quando le lancette le indicano, trasformando la lettura del tempo in un momento di consapevolezza. Infine, mi è piaciuto “Focus” di Aurora Possenti, perché propone un modo inedito di aprire una noce con un gesto quasi impercettibile, ma efficace.

Quali valori pensi sia importante far emergere attraverso i progetti presentati in ABOUT? 

Trovo importante che sia un contesto democratico, in cui non emerge il singolo autore, ma le diverse sfaccettature e visioni che ciascuno porta con sé. È un ambiente in cui il progetto non è solo esposizione, ma diventa un’occasione di esplorazione condivisa.

Se toccasse a te scegliere il prossimo tema dell’open call di ABOUT, quale proporresti? C’è un argomento che ti piacerebbe esplorare? 

Proporrei l’azione di “curvare”. È un gesto che trasforma senza distruggere, modificando la materia pur mantenendola integra. Rappresenta una metafora del nostro mestiere e penso sia un tema ricco di spunti, capace di offrire molteplici livelli di lettura.

Quali aspetti positivi o insegnamenti hai portato a casa da questa esperienza? 

Prima di tutto, porto con me l’autenticità di una comunità che si confronta liberamente. ABOUT è uno spazio in cui si può parlare di design in modo genuino, come un linguaggio quotidiano e non come una semplice estetica patinata.

Ritengo interessante sviluppare ulteriormente sia la documentazione del processo sia quella dell’utilizzo. Non si tratta quindi solo di mostrare il prodotto, ma anche di raccontare come ci si è arrivati, tra schizzi, prototipi, errori e riflessioni. Aiuterebbe comprendere meglio anche il contesto immaginato attorno all’oggetto in mostra, permettendo a chi osserva di cogliere le suggestioni e le narrazioni che hanno guidato il progetto.

ABOUT è un progetto dinamico che cresce anche grazie a chi lo segue e lo sostiene. Secondo te, cosa potrebbe essere migliorato o sviluppato ulteriormente? 
→ Secondino di Luca Ghezzi, Martina Locatelli e Francesco Pievatolo

Mi auguro che ABOUT continui a crescere come spazio di ricerca collettiva, mantenendo quella leggerezza che lo rende accessibile e dinamico. Che diventi sempre di più un punto di riferimento per chi considera il progetto non solo una forma, ma anche un modo di guardare il mondo. E spero che non ci si limiti alle mostre monotematiche, ma che si esplorino nuovi percorsi, così che l’energia che ABOUT riesce a generare possa continuare a diffondersi.

Come immagini il futuro di ABOUT? Cosa ti auguri per il progetto nei prossimi anni? 
Avanti
Avanti

Intervista: Ivan Raimondi